Il Mugnaio
“Anno 1721 in sette ore
vennero due diluvi e fecero molti guasti, a Valdipino molte terre
e mulini
riempirono il canale, ” così si
legge in uno scritto dell’epoca.
Nella
nostra valle c’erano 14 mulini
e quattro frantoi per le olive, diversi opifici adibiti al
trattamento delle stoffe
e dello zolfo, tutti azionati dalla forza delle acque.
Il mestiere
del mugnaio richiedeva enormi sacrifici. Nel periodo di maggior
raccolto, le macine di arenaria
funzionavano di giorno
e di notte. Poichè era necessario sorvegliare sempre
i sacchi di farina perché non venissero rubati, spesso
il mugnaio e qualche suo familiare dormivano nel mulino su
un
giaciglio
fatto con le foglie di granoturco detto "u saccun”
(il giaciglio).
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Le macine andavano
spesso smontate per essere pulite e ogni qualvolta si cambiava
dal grano al granoturco o alle castagne andavano regolate per
ottenere la giusta macinatura e ogni mugnaio aveva i propri
segreti che custodiva gelosamente, stando ben attento a non
svelarli alla concorrenza.
Figura inconfondibile, il
mugnaio era sempre bianco di farina.
Suo compito era anche il controllo delle prese d’acqua nel torrente le
cosiddette “ciuse” o “biedi” (questi servivano anche
alle donne del paese per lavare i panni).
L’acqua entrava in una presa per passare ad un’altra e così via
da mulino a mulino.
Di vitale importanza era il costante funzionamento della ruota esterna e relativi
ingranaggi interni al fabbricato, tutti rigorosamente in legno selezionato
e stagionato
accuratamente.
Anche se costruiti con estrema precisione, si usuravano rapidamente e pertanto
avevano
bisogno di continua manutenzione alla quale spesso provvedeva
lo stesso
mugnaio.
Il mugnaio non veniva pagato, ma tratteneva una quantità di
farina in percentuale al peso del grano, del granturco o delle castagne macinate.
A Valdipino l’ultimo mugnaio, Giovanni, ci ha lasciati nel
2001 alla giovane età di 96 anni. Giovanni era la nostra fonte di informazioni.
Nei suoi racconti era possibile ritrovare, oltre alle immancabili battute,
interessanti stralci di storia del territorio.
Dice il detto “Dupin scurpelamuin”, "Valdipino scalpellini
e mugnai", e lui racchiudeva tutti e due i mestieri.
Ricordi lontani. Ora non c’è più il
rumore incessante dell’acqua che cade sulle ruote, il profumo
della farina appena macinata, e quella di castagne che piaceva
così, presa dai sacchi e mangiata, e non c'è più "Lui", l'inconfondibile
figura del "Muinau" |